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Bonus bici e monopattino elettrico, si parte: ecco chi ne ha diritto, come si incassa, fino a quale importo lo Stato finanzia gli acquisti

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Se ne parla da mesi. La confusione intorno al provvedimento del Governo che concede agevolazioni per l’acquisto di bici, e-bike, mezzi di micromobilità e servizi di sharing (il bonus mobilità) comincia finalmente a diradarsi. Il provvedimento dovrebbe essere in dirittura d’arrivo. Non ci sarà un portale apposito o una App come anticipato, ma il bonus sarà attivato grazie ad un apposito modulo (form) su sito del Ministero dell’Ambiente. Sarà questa la modalità per richiedere il contributo per l’acquisto di monopattini o bici elettriche. Il bonus sarà erogato non in base a chi compila per primo il form sul sito del ministero ma in ordine cronologico. Farà fede la data di acquisto e non ci sarà  il “click day”.
Il bonus mobilità  ha generato un boom delle vendite di biciclette, e-bike e altri veicoli di micromobilità, in particolare i contestati monopattini. La domanda di questi mezzi è stata così elevata che i magazzini dei produttori sono stati svuotati ed oggi è difficile reperire anche una  bici a pedalata assistita sul mercato. L’iniziativa, per capirci, ha incontrato i favori degli italiani ma non è stata ancora del tutto attuata per i ritardi nella chiarezza degli strumenti per richiedere il bonus. Ricordiamo che il bonus cui si ha dirotto è pari al 60% del prezzo del veicolo acquista entro però il  limite massimo di 500 euro. Dunque, inutile spendere l’iradiddio sperando di ottenere il 60 per cento indietro dallo Stato.
Qualunque sia la vostra spesa, avrete diritto al 60 per cento entro una cifra massima di 500 euro. Trovata l’intesa tra i diversi ministeri coinvolti nella definizione delle regole e trovati i fondi per finanziare l’iniziativa già partita,  i rimborsi dovrebbero partire in queste ore, a  inizio settembre. Per ottenerli, come dicevamo, non sarà più necessario scaricare un’app (che non esiste, dunque inutile che cerchiate), ma basterà collegarsi con il sito del Ministero dell’Ambiente e compilare il modulo con i propri dati anagrafici, la fattura o lo “scontrino parlante”, nonché il codice Iban dove intendete incassare il bonus attivato con l’acquisto. Se tutti i documenti sono in regola, il rimborsovi sarà accreditato dal ministero dell’Ambiente con un bonifico bancario all’Iban che avete indicato entro due o tre settimane. Tempi di controllo delle credenziali. Altro dato interessante: il rimborso non avverrà in base alla data di registrazione sul sito, ma seguendo la data di acquisto del veicolo. Faranno fede le date delle fatture o gli “scontrini parlanti”. Che cos’è lo scontrino parlante? È un documento contabile rilasciato dal venditore del mezzo che permette al contribuente ottenere il rimborso del bonus del ministero dell’Ambiente. Lo scontrino fiscale parlante diventa dunque la prova dell’effettivo acquisto dei prodotti così come esplicitato con i dettagli dei beni acquistati e del valore dell’acquisto.
I primi a ricevere il contributo saranno i primi ad avere effettuato l’acquisto a partire dal 4 maggio, giorno di avvio del bonus. Si procederà in ordine cronologico fino all’esaurimento dei 210 milioni stanziati. Questa la cifra che finanzia il fondo del bonus. Rimane ancora incerta la procedura da effettuare per chi desidera ancora comprare un mezzo agevolato entro il 31 dicembre o, lo ricordiamo, un abbonamento ai servizi di mobilità condivisa ad uso individuale, quindi lo sharing di biciclette, monopattini, segway. Altra domanda che spesso viene fatta: chi può richiedere il bonus mobilità? Ad oggi questo bonus può essere richiesto una sola volta dai maggiorenni residenti nei capoluoghi di Regione, nelle città metropolitane e nei Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti.

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Copernicus, marzo 2024 il mese più caldo mai registrato

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Il marzo del 2024 è stato il mese di marzo più caldo mai registrato. Lo rende noto il servizio meteo della Ue Copernicus. La temperatura media globale il mese scorso è stata di 14,4°C, superiore di 0,73°C rispetto alla media del trentennio 1991 – 2020 e di 0,10°C rispetto al precedente record di marzo, quello del 2016. Il mese inoltre è stato di 1,68°C più caldo della media di marzo del cinquantennio 1850 – 1900, periodo di riferimento dell’era pre-industriale. Secondo Copernicus, il marzo 2024 è il decimo mese di fila che si classifica come il più caldo mai registrato.

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Ecdc-Efsa, rischio diffusione dell’aviaria su larga scala

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Si alza il livello di attenzione sull’influenza aviaria da virus A/H5N1. Dopo tre anni che l’agente patogeno circola in maniera particolarmente sostenuta tra uccelli selvatici e di allevamento, infettando anche mammiferi ed espandendo la sua area di diffusione, da poco più di una settimana gli occhi sono puntati sugli Stati Uniti, dove si segnalano infezioni in allevamenti di mucche da latte. Al momento sono interessati una dozzina di allevamenti dislocati in cinque stati (Texas, Kansas, Michigan, New Mexico, Idaho). Il primo aprile, poi, i Centers for Disease Control and Prevention hanno diffuso la notizia che anche un uomo ha contratto l’infezione; le sue condizioni sono buone.

Ad oggi si ritiene che sia gli animali sia l’uomo abbiano contratto l’infezione attraverso il contatto con uccelli infetti. Secondo le autorità americane questi casi non cambiano il livello di rischio, che resta basso per la popolazione generale. Tuttavia, i segnali di allarme si moltiplicano. In un rapporto pubblicato mercoledì, l’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) e la European Food Safety Authority (Efsa), avvertono: “se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala”.

Fino a oggi, le infezioni nell’uomo sono poche (circa 900 dal 2003) e del tutto occasionali. Non ci sono prove di trasmissione tra mammiferi, né da uomo a uomo. Tuttavia, la congiuntura invita alla massima attenzione. In piena pandemia, nel 2020, è comparsa una nuova variante di virus A/H5N1 (denominata 2.3.4.4b) che in breve è diventata dominante. Da allora, sono aumentati il “numero di infezioni ed eventi di trasmissione tra diverse specie animali”, si legge nel rapporto. Questi continui passaggi tra animali e specie diverse aumentano le occasioni in cui il virus può mutare o acquisire porzioni di altri virus che lo rendano più adatto a infettare i mammiferi. In realtà A/H5N1 ha già compiuto dei passi in questa direzione.

Ha imparato a moltiplicarsi in maniera più efficace nelle cellule di mammifero e a sviare alcune componenti della risposta immunitaria. Ciò gli ha già consentito negli ultimi anni di colpire un’ampia gamma di mammiferi selvatici e anche animali da compagnia, come i gatti. Anche i fattori ambientali giocano a suo favore: i cambiamenti climatici e la distruzione degli habitat, influenzando le abitudini degli animali e intensificando gli incontri tra specie diversa, fanno crescere ulteriormente le probabilità che il virus vada incontro a modifiche.

Nonostante ciò, al momento non ci sono dati che indichino che A/H5N1 abbia acquisito una maggiore capacità di infettare l’uomo. Tuttavia, se questa trasformazione avvenisse saremmo particolarmente vulnerabili. “Gli anticorpi neutralizzanti contro i virus A/H5 sono rari nella popolazione umana, poiché l’H5 non è mai circolato negli esseri umani”, precisano le agenzie. Per ridurre i rischi Ecdc ed Efsa invitano ad alzare la guardia, rafforzando le misure di biosicurezza negli allevamenti, limitando l’esposizione al virus dei mammiferi, compreso l’uomo, e intensificando la sorveglianza e la condivisione dei da

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Da 20 anni aria più pulita in Europa, ma non basta

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Da 20 anni a questa parte si respira un’aria più pulita in Europa, ma nonostante ciò la maggior parte della popolazione vive in zone in cui le polveri sottili (PM2.5 e PM10) e il biossido di azoto (NO2) superano ancora i livelli di guardia indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: il Nord Italia, in particolare, è tra le regioni con le concentrazioni più alte. Lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Communications dall’Istituto di Barcellona per la salute globale (ISGlobal) e dal Centro nazionale di supercalcolo di Barcellona (Bsc-Cns). I ricercatori hanno sviluppato dei modelli di apprendimento automatico per stimare le concentrazioni giornaliere dei principali inquinanti atmosferici tra il 2003 e il 2019 in oltre 1.400 regioni di 35 Paesi europei, abitate complessivamente da 543 milioni di persone. Per lo studio sono stati raccolti dati satellitari, dati atmosferici e climatici e le informazioni riguardanti l’utilizzo del suolo, per ottenere una fotografia più definita rispetto a quella offerta dalle sole stazioni di monitoraggio. I risultati rivelano che in 20 anni i livelli di inquinanti sono calati in gran parte d’Europa, soprattutto per quanto riguarda il PM10 (con un calo annuale del 2,72%), seguito da NO2 (-2,45%) e dal PM2.5 (-1,72%).

Le riduzioni più importanti di PM2.5 e PM10 sono state osservate nell’Europa centrale, mentre per NO2 sono state riscontrate nelle aree prevalentemente urbane dell’Europa occidentale. Nel periodo di studio, il PM2.5 e il PM10 sono risultati più alti nel Nord Italia e nell’Europa orientale. Livelli elevati di NO2 sono stati osservati nel Nord Italia e in alcune aree dell’Europa occidentale, come nel sud del Regno Unito, in Belgio e nei Paesi Bassi. L’ozono è aumentato annualmente dello 0,58% nell’Europa meridionale, mentre è diminuito o ha avuto un andamento non significativo nel resto del continente. Il complessivo miglioramento della qualità dell’aria non ha però risolto i problemi dei cittadini, che continuano a vivere per la maggior parte in zone dove si superano i limiti indicati dall’Oms per quanto riguarda il PM2.5 (98%), il PM10 (80%) e il biossido di azoto (86%). Questi risultati sono in linea con le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente per 27 Paesi dell’Ue, basate sui dati provenienti dalle stazioni urbane. Inoltre, nessun Paese ha rispettato il limite annuale di ozono durante la stagione di picco tra il 2003 e il 2019.

Lo studio ha infine esaminato il numero di giorni in cui i limiti per due o più inquinanti sono stati superati simultaneamente. E’ così emerso che nonostante i miglioramenti complessivi, l’86% della popolazione europea ha sperimentato almeno un giorno all’anno con sforamenti per due o più inquinanti: le accoppiate più frequenti sono PM2.5 con biossido di azoto e PM2.5 con ozono. Secondo il primo autore dello studio, Zhao-Yue Chen, “sono necessari sforzi mirati per affrontare i livelli di PM2.5 e ozono e i giorni di inquinamento associati, soprattutto alla luce delle crescenti minacce derivanti dai cambiamenti climatici in Europa”.

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