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Bonafede forse ha capito qualcosa sulle scarcerazioni dei mafiosi:chiesta la collaborazione della Direzione nazionale antimafia

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Cominciamo ad avere qualche preoccupazione per il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Chi è Bonafede? Quello che va su Facebook e spara a zero contro chiunque gli chiede conto delle scarcerazioni dei mafiosi dicendo che sono menzogne e che non vengono scarcerati i mafiosi. O quello che ai giornalisti rilascia dichiarazioni alla camomilla in cui spiega che vuole capire com’è possibile che i mafiosi, anche quelli al 41bis, vengono mandati a casa? In attesa di capirlo, non si placano le polemiche sulle scarcerazioni per motivi di salute in epoca di coronavirus di boss legati alle mafie. E il ministro della Giustizia double-face, Alfonso Bonafede, annuncia che “d’accordo con il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra”, è pronto a “intervenire”, con proposte che verranno inserite nel prossimo decreto legge”. Tra le novità a cui si sta lavorando, il Guardasigilli ritiene che meriti “maggior approfondimento quella di coinvolgere la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo nelle decisioni relative ad istanze di scarcerazione di condannati per reati di mafia”. Hai capito Bonafede. Dopo una 40ina di boss scarcerati, qualcuno gli ha fatto capire che forse era il caso di far entrare in queste decisioni anche la DNA. Bene. È un primo passo avanti. Se i suoi uomini di fiducia al Dap avessero chiesto un parere al procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho sulla scarcerazione di Pasquale Zagaria, probabilmente oggi non l’avrebbero mandato a casa grazie alla circolare del Dap e alla decisione del Tribunale di sorveglianza.

“La lotta alle mafie – dice Bonafede – è una cosa seria. Parlarne in maniera superficiale, gettare un tema così importante nella caciara quotidiana, mentire ai cittadini dicendo che c’è una legge (o addirittura una circolare) di questo governo che impone ai giudici di scarcerare i mafiosi, è gravissimo”. “Le decisioni sulle scarcerazioni per motivi di salute – ha ricordato il ministro – vengono adottate in piena autonomia e indipendenza dalla magistratura. Lo sanno tutti… o forse no, a giudicare da qualche video in rete. Ad ogni modo, ho avviato tutti gli accertamenti interni ed esterni, anche presso l’ispettorato, sulle varie scarcerazioni. Ma questo non basta. D’accordo col Presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, siamo pronti a intervenire a livello normativo. Alcune delle proposte verranno inserite nel prossimo decreto legge”, continua Bonafede. Una legge del Governo? Una circolare del Governo? Ma di che parla Bonafede? Forse della cacciata politica quotidiana cui partecipano i politici? Nessuno ha mai parlato di legge o circolare del Governo. Noi di Juorno abbiamo spiegato che la circolare che ha confuso le acque già torbide è quella del Dap. Sarebbe bello se Bonafede la leggesse quella del 21 marzo. È su quella circolare che incardinano le richieste di scarcerazione i legali dei mafiosi. Il Dap fornisce le condizioni di salute ai giudici di sorveglianza e là dove il quadro clinico è pessimo, è normale che un giudice manda a casa qualunque detenuto le cui condizioni di salute sono incompatibili con la detenzione in carcere. Così sono usciti i signori mafiosi finora. Se Bonafede vuole capirlo, basta andare al Dap e capire i rapporti tra Dap e giudici di sorveglianza. Altrimenti tra qualche giorno Bonafede sentirà parlare anche della scarcerazione di Raffaele Cutolo. Perchè se ha diritto ad uscire dal carcere Zagaria, ne ha pure Cutolo.

 

Cafiero de Raho. Procuratore nazionale antimafia

Ora Bonafede che alterna momenti rabbia che sfoga su Fb e momenti di lucidità che mostra in pubblico sostiene che c’è una proposta “che merita maggiore approfondimento” ed è “quella che mira a coinvolgere la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e le Direzioni Distrettuali Antimafia e Antiterrorismo in tutte le decisioni relative ad istanze di scarcerazione di condannati per reati di mafia (ieri sera abbiamo emanato una circolare che va in questa direzione). Come al solito, nessuna chiacchiera: soltanto leggi scritte nero su bianco”, conclude il ministro. Sul tema scarcerazioni e’ intervenuto anche il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, alla luce dei casi Bonura, Iannazzo, Sansone e, per ultimo, Zagaria: “Esistono ragioni di sicurezza, di ordine pubblico e di buon senso per dire no al rientro di alcuni detenuti pericolosi nei luoghi dove vivevano e dove hanno commesso gravi reati. Ecco perche’ certe decisioni lasciano sbigottiti. E l’incredulita’ che provano alcuni magistrati, da sempre in prima linea, e’ la stessa che sta provando la gente comune. Se proprio si rende necessario assegnare agli arresti domiciliari personaggi mafiosi di spessore, allo scopo di decongestionare le carceri in questo periodo di epidemia, si prendano assolutamente in considerazione soluzioni diverse”.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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