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Bagarre alla Camera sul Mes, Lega e Fdi all’attacco del premier Conte

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Il Meccanismo europeo di stabilita’, ovvero il fondo salva-Stati che dopo mesi di negoziati e’ ormai a un passo dal traguardo, infiamma la politica italiana. Ed e’ bagarre a Montecitorio dopo l’audizione del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che definisce “comico” il rischio paventato dall’opposizione che vedrebbe l’Italia messa a rischio dalla riforma del trattato istitutivo del Mes. L’opposizione usa la mano pesante e insorge alle parole di Gualtieri con cui, in un’audizione fiume a Palazzo Madama, risponde a deputati e senatori che, “no”, il testo ormai non si puo’ piu’ rinegoziare, “e’ stato chiuso”. Il ministro, che fa muro sul Mes, si attira l’accusa di “alto tradimento” da parte della presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. E di “infedelta’ in affari di Stato”, parole di Claudio Borghi, della Lega, che invita il ministro a riferire alla Camera o “lo porteremo in tribunale”. Ma il titolare di via XX Settembre e’ vittima anche – in un certo qual modo – di ‘fuoco amico’: il leader di M5S, Luigi Di Maio, durante la registrazione di Porta a Porta, chiede infatti una valutazione complessiva del pacchetto ammettendo che “ci sono perplessita’, anche nei 5s” e che “un conto e’ il negoziato, e un conto e’ se conviene all’Italia”. In serata Gualtieri prova a stemperare gli animi – che nel frattempo a Montecitorio hanno sfiorato la rissa in Aula costringendo il presidente Fico a sospendere la seduta e convocare una Capigruppo – affidando ad una nota una precisazione che spiega che il testo non e’ chiuso a modifiche di dettaglio anche se da un punto di vista politico, a suo avviso, non esistono spazi di cambiamenti: “il consenso definitivo e formale del governo alla riforma del Mes e al pacchetto non e’ ancora stato espresso – spiega via XX Settembre – e, come ho detto in Commissione, se da un lato il testo non e’ ancora stato firmato e sono tuttora in corso discussioni e negoziati su aspetti minori, la mia valutazione che non ci sia reale spazio per emendamenti sostanziali e’ di natura politica e non giuridica, in quanto come e’ noto in questa procedura vige la regola dell’unanimita’”.

Durante l’audizione, oltre tre ore con decine di domande, Gualtieri di fatto ribadisce quanto detto in questi giorni. A partire dal fatto che la versione finale della riforma del Mes fu avallata nel dicembre scorso proprio dal governo giallo-verde. E che quella riforma nella sostanza poco cambia della precedente versione del Mes, salvo la possibilita’ di fare da ‘backstop’ al fondo dei salvataggi bancari raddoppiandone la potenza di fuoco, dunque “una vittoria per l’Italia”. E’ del tutto “falso” – dice – che ci sia una stretta ai criteri per la concessione dei salvataggi. Quanto al criterio di sostenibilita’ del debito, “devo annunciarvi che c’era ed e’ rimasto” dice ai parlamentari dell’opposizione: “non cambia una virgola”. Falso anche – prosegue il ministro – che la riforma, che e’ al vaglio dell’Eurogruppo il 4 dicembre, prima di passare al Consiglio Ue e nei prossimi mesi ai parlamenti nazionali, tolga poteri alla Commissione Ue, considerata piu’ ‘morbida’ e politica, per assegnarli a un organismo tecnico come il Mes.

Lo avrebbero voluto i tedeschi, l’Italia con altri ha resistito e prevalso. E falso anche, a detta del ministro ed ex presidente della COmmissione Affari economici dell’Europarlamento, che sia prevista una ristrutturazione automatica del debito. Il confronto a Palazzo Madama passa anche dai dubbi espressi – richiamati dal senatore Adolfo Urso – dell’ex alta dirigente per il debito pubblico al Tesoro Maria Cannata, del governatore di Bankitalia Ignazio Visco, del presidente dell’Abi Antonio Patuelli. Dichiarazioni riprese dall’opposizione e rivolte all’opinione pubblica “come un corpo contundente”, in maniera “falsa e manipolatoria”, dice Gualtieri. Il ministro si sforza di spostare l’attenzione sull’ “approccio complessivo” voluto dall’Italia, e fatto proprio dall’Eurosummit, al tema delle riforme europee: accanto alla revisione del Mes, “l’introduzione di uno strumento bilancio per la competitivita’ e convergenza, e la definizione di una roadmap per il completamento unione bancaria”. Dove, ribatte, il governo non intende cedere all’intenzione tedesca di realizzare l’assicurazione comune sui depositi solo dopo aver dato una stretta al trattamento prudenziale dei titoli pubblici nei bilanci bancari. Ma il ‘Mes’ – tema rimasto silente per mesi e mesi per spuntare a cose ormai quasi fatte – e’ ormai terreno di scontro totale, tutto italiano, con le dinamiche europee scese in secondo piano. E con il governo – con Conte o Gualtieri – che “a brevissimo”, assicura Fico, riferiranno in Aula.

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Tar conferma Filippo Spiezia procuratore capo di Firenze

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Resta confermata la nomina di Filippo Spiezia, ex rappresentante dell’Italia e vicepresidente presso l’Ufficio Eurojust (l’agenzia dell’Ue per la cooperazione giudiziaria penale) quale procuratore capo di Firenze. L’ha deciso il Tar del Lazio con tre sentenze con le quali ha respinto i ricorsi proposti dal Procuratore aggiunto di Napoli, Rosa Volpe, dal Procuratore capo di Livorno, Ettore Squillace Greco, e dal Procuratore capo di Terni, Alberto Liguori. Nella seduta del 5 aprile dello scorso anno – lo ricostruisce il Tar in sentenza – il Csm presentò al Plenum tre proposte di nomina: Rosa Volpe, Filippo Spiezia ed Ettore Squillace Greco.

L’Organo della magistratura dapprima si divise sui tre candidati, mentre successivamente dispose il ballottaggio tra Spiezia e Squillace Greco, che avevano conseguito gli stessi voti; all’esito prevalse Spiezia, in favore del quale votò il vicepresidente. Di qui i ricorsi al Tar, adesso decisi con sentenza. I giudici amministrativi, dopo aver ricordato in premessa la procedura di conferimento degli incarichi direttivi, hanno confermato che “resta preclusa al sindacato giurisdizionale la valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto dell’organo di governo autonomo, o una decisione che esprima una volontà del giudicante che si sostituisca a quella dell’amministrazione, procedendo ad un sindacato di merito”.

In più, secondo il Tar in merito a tutti gli aspetti normativi e di valutazione “la delibera impugnata si è diffusamente soffermata, esprimendo considerazioni del tutto logiche, che risultano immuni dai profili di vizio sollevati”. In merito alla censura sulla valutazione delle funzioni di Spiezia in seno ad Eurojust, infine, per i giudici le stesse sono state correttamente considerate, non potendo sostenersi, come dedotto in uno dei ricorsi, che le stesse “siano inquadrabili come attività meramente amministrative. Nel corso del tempo, infatti, con successive decisioni degli organismi comunitari, ai membri nazionali dell’Agenzia sono stati assegnati nuovi e più omogenei poteri di intervento nei casi urgenti”, che “corroborano, comunque, la qualificazione di gran parte dell’attività dei membri di Eurojust in termini sostanzialmente assimilabili alla funzione giudiziaria”.

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Lazio passa in casa Genoa e resta in corsa per l’Europa

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Continua la marcia di Igor Tudor, terza vittoria in quattro gare per la sua Lazio che espugna il Ferraris di Genova col sigillo di Luis Alberto nella ripresa. Per la squadra biancoceleste un successo importante per la corsa europea. Finisce 1-0 contro il Genoa, per la squadra di Alberto Gilardino una sconfitta dopo una prestazione con qualche ombra e poche luci. Sono lunghi sguardi prima di accendere la scintilla, liguri e laziali cercano la scorciatoia giusta per fare male all’avversario. Ci sono duelli accesi a centrocampo ma poca concretezza quando c’è da attaccare per trasformare in azioni qualche pensiero bellissimo. Così la prima parte di gara si traduce in una sfida dagli elevati contenuti agonistici perché sono ritmi altissimi ma con poche azioni da gol da segnare sul taccuino.

Serve così un po’ di tempo prima che Lazio e Genoa riescano ad alzare il baricentro con entrambe che puntano molto sul possesso palla ma fanno fatica quando c’è da graffiare negli ultimi sedici metri. Duelli a centrocampo che si ripetono ma soltanto nel finale di tempo c’è il guizzo che potrebbe scrivere la storia del match. Siamo in pieno recupero quando c’è una partenza fulminea del Grifone con tre rossoblù contro un giocatore laziale. Ekuban è bravissimo a difendere palla e a saltare Casale, ma invece di appoggiare centralmente per Retegui cerca la soluzione personale senza riuscire però a concretizzare. Scende il sipario e quando si riparte per la ripresa c’è una Lazio con più sprint che offre la sensazione di avere pronta la giocata giusta per dare la svolta. Più Lazio dunque col Genoa invece che naviga sempre lontano dall’area avversaria con la coppia formata da Retegui e Gudmundsson che non riesce mai a mettere pepe nell’ultimissimo affondo che potrebbe mettere nei guai il portiere laziale Mandas.

Così sono soprattutto gli uomini di Tudor che riescono a costruire segnali inequivocabili nell’area avversaria in particolare al minuto numero 16′ quando De Winter scivola dalle parti di Martinez. Luis Alberto prende palla e avanza trovando un’autostrada ma la sua conclusione praticamente a botta sicura viene stoppata dalla scivolata miracolosa di Martin che salva il portiere avversario. Il Genoa fatica, così la Lazio ne approfitta e colpisce al 22′ con un’azione bellissima e vincente. Felipe Anderson avvia la manovra ispirando Kamada che suggerisce in area per Luis Alberto.

Tutto troppo facile per il giocatore della Lazio che deve semplicemente appoggiare in fondo al sacco grazie anche al velo di Vecino. Vantaggio per la squadra di Tudor che può così godersi il sorpasso nel rush finale del match. Ti aspetti la reazione del Grifone ma invece trovi Mandas e compagni che sanno alzare un muro senza nemmeno troppi problemi perché il Grifone sicuramente cambia approccio ma là davanti a parte qualche cross dalle corsie laterali ci sono poche notizie positive per i liguri. Che insistono ma non affondano. Sorride la Lazio, l’Europa si avvicina. Per il Genoa un ko che non modifica di una virgola una stagione bellissima, la salvezza è già in tasca. A brevissimo arriverà anche l’ufficialità della matematica.

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Ergastolo ad amanti diabolici, uccisero marito di lei

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Il corpo della vittima non è mai stato trovato, ma questo non è bastato ai due amanti diabolici a evitare l’ergastolo. La corte d’assise di Palermo, presieduta da Sergio Gulotta, ha condannato al carcere a vita Luana Cammalleri e Pietro Ferrara, accusati di aver ucciso l’ex marito della donna, Carlo La Duca, e di averne poi fatto sparire il cadavere. Un giallo ambientato a Cerda, centro agricolo del palermitano conosciuto per la Targa Florio, la corsa automobilistica più antica del mondo che si snoda sul percorso delle Madonie, e per le sue coltivazioni di carciofi. Carlo La Duca, imprenditore agricolo locale, sparì nel nulla il 19 gennaio del 2019 dopo essere uscito da casa alle 8.07 per recarsi a Cinisi, dove ad attenderlo c’era la sua nuova compagna. Dovevano trascorrere insieme il fine settimana, non si sarebbero mai incontrati.

Durante il tragitto la vittima si fermò in un terreno di proprietà di Ferrara, che riteneva il suo “migliore amico”, nella borgata palermitana di Ciaculli. È qui, tra gli agrumeti un tempo feudo di boss mafiosi come Michele Greco, che secondo la ricostruzione dell’accusa La Duca sarebbe stato ucciso. In che modo i due imputati si sarebbero disfatti del corpo resta tuttora uno dei misteri del processo. Alle 10.48 l’auto dell’imprenditore ripartì. Secondo i pm l’uomo era già morto; a guidare era Ferrara. Dietro, in una Fiat Punto bianca, ci sarebbe stata Luana Cammalleri, l’ex moglie che avrebbe partecipato al delitto. Il tragitto della Volkswagen dell’imprenditore fu seguito grazie al Gps installato sulla vettura trovata abbandonata in via Salvatore Minutilla, nel rione periferico di Cardillo, dall’altra parte della città. L’accusa ha sostenuto che ad uccidere l’imprenditore sarebbero stati i due amanti, anche se non è mai stato trovato il cadavere dell’uomo, nonostante le ricerche, nè è stato chiarito il movente del delitto. I parenti della vittima e la nuova compagna si erano costituiti parte civile.

La mamma di Lo Duca, Concetta Grispino, dopo la sentenza è scoppiata in lacrime. “Ci sono due bambini senza un padre. Assassini, l’hanno studiato, adesso devono soffrire in carcere”. “L’ho detto fin dal primo momento che erano stati loro – ha aggiunto la donna -, si fingevano amici e invece…. Mio figlio non me lo restituirà più nessuno. Perché, perché? Mio figlio non aveva nemici, lo stimavano tutti, tutti. Sono cinque anni che non lo vedo e non lo vedrò più”.

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