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Esteri

Alta tensione a Belgrado, scontri contro coprifuoco per il coronavirus

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 Notte di alta tensione a Belgrado, dove migliaia di dimostranti antigovernativi hanno assediato per ore il parlamento per protestare contro le nuove misure restrittive anti-covid annunciate dal presidente Aleksandar Vucic, che poco prima in serata, per far fronte alla nuova ondata di contagi, aveva prospettato in particolare la reintroduzione del coprifuoco per l’intera durata del prossimo fine settimana. Cominciata pacificamente, la manifestazione, sotto la spinta di gruppi dell’estrema destra nazionalista, ha ben presto cambiato volto trasformandosi in un autentico assalto all’edificio del parlamento con il chiaro obiettivo di fare irruzione al suo interno. Alcuni sono riusciti a forzare l’ingresso e a entrare, ma sono stati immediatamente ricacciati e respinti dal massiccio intervento della polizia in assetto antisommossa, che ha creato una serie di cordoni tutto intorno all’edificio dell’Assemblea, nel centro della capitale.

Appoggiati dalla polizia a cavallo e da reparti in borghese, gli agenti hanno fronteggiato per alcune ore la violenza dei dimostranti che hanno lanciato pietre, bottiglie, petardi e altri oggetti, incendiando cinque auto della polizia, dando alle fiamme cassonetti, abbattendo segnali stradali, distruggendo fioriere. Le forze dell’ordine hanno risposto con i manganelli e i gas lacrimogeni, con l’intera zona intorno al parlamento trasformatasi in un campo di battaglia. La guerriglia si e’ conclusa nel cuore della notte, con un bilancio di 60 feriti – 43 agenti e 17 manifestanti – e 24 arresti. Unanime la condanna delle violenze da parte di politici e esponenti di governo, a cominciare dalla premier Ana Brnabic e dal presidente Vucic. Quest’ultimo, in una conferenza stampa, ha parlato di ‘brutale violenza politica’ anche se alcuni, ha detto, hanno provato a giustificare le proteste con la prospettiva del coprifuoco e delle altre misure restrittive necessarie a contenere la nuova ondata di contagi. La decisione sulle misure, ha aggiunto, verra’ presa giovedi’ dall’unita’ di crisi, e il ripristino del coprifuoco – in vigore per molte settimane durante la prima fase dell’epidemia – non e’ scontato, anche se, ha sottolineato, lui e’ decisamente a favore.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Esteri

Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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