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Economia

Alitalia, verso un nuovo prestito con scadenza 15 ottobre

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Una trattativa, quella per il salvataggio di Alitalia con l’aiuto del Tesoro, irta di nodi a un passo dalla scadenza. Potenziali soci divisi su un piano industriale stand-alone in cui non si vedono utili almeno fino al 2022. E rassicurazioni sui lavoratori che iniziano a vacillare: tanto da far riemergere l’ipotesi di aggregazione con Lufthansa, e indurre piloti e assistenti di volo a uno sciopero di 24 ore il 9 ottobre mentre anche i sindacati confederali preparano la mobilitazione. Sullo sfondo le uniche certezze: la prima, che sfuma sempre piu’ il termine del 15 ottobre per il piano di salvataggio. “E’ dossier che un po’ ci preoccupa, vista la scadenza del 15 ottobre, e che deve essere di rilancio e non di mero salvataggio”, dice il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. La seconda, la liquidita’ agli sgoccioli della compagnia di bandiera che richiedera’ un nuovo prestito pubblico. L’ennesimo salvataggio imperniato sulla newco ‘Nuova Alitalia’ (con al 35% i Benetton e Fs per una medesima fetta, affiancati dal Tesoro al 15% e Delta al 10-12%) gioca contro il fattore tempo; la trattativa difficile con gli americani di Delta sulle rotte e strategie da seguire; e il negoziato con i Benetton, che come scritto in una lettera al ministro Patuanelli potrebbero chiamarsi fuori di fronte alla revisione delle concessioni autostradali per il Ponte di Genova. “Non ho letto la lettera come un ricatto. Resta che il gruppo deve sapere che questi due piani rimangono separati”, ha detto oggi la ministra dei Trasporti Paola de Micheli. Ma potrebbe non essere tanto la possibile ‘caducazione’ delle concessioni il nodo fondamentale. Quanto piuttosto la fattibilita’ industriale di cio’ che Atlantia chiama un “rischioso salvataggio con esiti limitati nel tempo”. Si parla di almeno 2.000 esuberi con una riduzione della flotta in particolare sul lungo raggio – “il contrario di cio’ che aveva detto la politica”, nota Andrea Giuricin, docente di economia dei trasporti a Milano Bicocca, fellow dell’Istituto Bruno Leoni ed esperto del settore. E di assenza di profitti per quattro anni. Con il risultato che la scadenza del 15 ottobre “non verra’ rispettata, anche se mai dire mai con la politica”, dice Giuricin. E con la quasi certezza che il governo, per consentire la continuita’ operativa di Alitalia, dovra’ sborsare “un nuovo prestito a fondo perduto che non verra’ mai restituito, come lo sono stati i 900 milioni di euro precedenti. Se Alitalia vuole superare l’inverno, servono 350 milioni, sufficienti per sei mesi. Se non ci sara’ un piano per allora, ne servono 500 per andare avanti un anno abbondante”. I nodi sono l’ipotesi stand-alone, “una strategia disperata senza avere idea di cosa sia il mercato”, dice Giuricin; la difficile trattativa con Delta per incrementare le rotte transatlantiche di Alitalia, visti gli accordi commerciali degli americani con Air France-Klm e Virgin. E gli esuberi, con le loro ricadute politiche. Inevitabilmente, riaffiorano le ipotesi di un’acquisizione da parte di un ‘big’ europeo. Con Lufthansa che sta alla finestra, dal momento anche con l’intervento pubblico gli esuberi da mettere in conto per un piano realistico si avvicinerebbero a quelli che erano stati avanzati dal colosso tedesco. “Lufthansa – dice l’analista – puo’ essere interessata, ma alle sue condizioni, non a quelle del governo italiano. Una condizione e’ che il governo non ci metta piu’ il naso”.

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Economia

Allarme Upb sul Superbonus, Parlamento studia deroghe

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La “generosità” dell’agevolazione, le ripetute proroghe, un sistema di controlli che ha favorito la “diffusione di comportamenti opportunistici e fraudolenti”, la concessione di deroghe. Nasce anche da qui il ‘vulnus’ con cui il Superbonus si è trasformato in una zavorra per i conti pubblici, lasciando “una pesante eredità sul futuro”. L’Ufficio parlamentare di Bilancio lancia l’allarme e invita a far tesoro di questa esperienza per ridisegnare le future agevolazioni. Il Parlamento intanto prepara nuove modifiche all’ultima stretta impressa dal governo, comprese nuove deroghe per altre aree colpite dal terremoto o il coinvolgimento dei Comuni nei controlli. E sul Superbonus si accende un faro anche oltreoceano, con il Fondo Monetario Internazionale che sprona l’Italia a ridurre il debito. La crescita, stimata allo 0,7% nel 2024 e 2025, è destinata a ridursi al lumicino nel 2026 (rivista al ribasso allo 0,2%) con il Superbonus e il Pnrr in via di esaurimento, avverte il Fondo.

Ma intervenire si può, ed è dal debito che bisogna partire: per ridurlo, bisogna partire dagli sgravi fiscali, “molti dei quali inefficienti” come il superbonus, suggerisce il Fmi, ed eliminare quelle “scappatoie” dal fisco e “numerosi programmi di sostegno anti-inflazione”. Il Superbonus, insieme al bonus facciate e, in misura minore, gli incentivi alle imprese Transizione 4.0 “hanno inciso marcatamente sui conti pubblici degli ultimi anni”, evidenzia l’Autorità dei conti pubblici in una memoria alla commissione Finanze del Senato che sta esaminando l’ultimo decreto sull’agevolazione. Superbonus e bonus facciate, in particolare, hanno avuto un impatto “rilevante e crescente” nel tempo: l’asticella del periodo 2020-23, secondo gli ultimi dati, è salita a circa 170 miliardi. Con un gap tra i risultati e le attese “macroscopica” nel caso del Superbonus, e che “non ha precedenti”, osserva l’Upb, che indica vari elementi che hanno contribuito a far lievitare la spesa: la generosità dello sconto e le modalità di fruizione, l’ampliamento degli obiettivi, proroghe e deroghe.

A farne le spese è il debito. Quanto rilevato in termini di competenza economica nel quadriennio 2020-23 inciderà soprattutto sul 2024-26, evidenzia l’Upb, che quantifica questa “pesante eredità”: un impatto in media annua pari allo 0,5% del Pil nel triennio 2021-23, che salirà a circa l’1,8% in quello successivo. Un’esperienza, quella del Superbonus, da cui “occorre trarre insegnamento per il disegno di future agevolazioni”, osserva l’Upb, che indica la rotta: selettività e stop agli automatismi. In prospettiva, dunque, la soluzione suggerita è “un trasferimento monetario” (un contributo diretto alla spesa), modulato in base alle condizioni economiche delle famiglie e alla classe energetica dell’edificio, sottoposto ad autorizzazioni preventive e soggetto a un limite di spesa, o con prestiti agevolati. E in vista delle prossime misure di sostegno per le case green, a mettere in guardia è anche la Banca d’Italia: le “criticità” emerse con il Superbonus sembrano “sconsigliare la riproposizione in futuro della cedibilità dei crediti”, se non in “forma limitata” e “circoscritta ad alcune categorie”.

Dopo l’ultima stretta sul Superbonus intanto, si studiano nuove deroghe. A proporle, per altre aree colpite dal sisma diverse da quelle per cui già si è fatta eccezione (a partire dall’Emilia Romagna) o dalle alluvioni e per il Terzo settore, sono sia la maggioranza che l’opposizione con diversi emendamenti al decreto Superbonus. Il termine per presentare le proposte di modifica è mercoledì 24 aprile, ma sul tavolo del relatore, Giorgio Salvitti, gli emendamenti cominciano ad arrivare. Si studia anche la possibilità di coinvolgere, su base volontaria, i Comuni nei controlli ai cantieri del Superbonus, garantendo loro un ritorno economico pari al 30% dell’eventuale recupero. Nulla sarebbe invece ancora arrivato sulla possibilità di allungare da 4 a 10 anni i tempi di utilizzo dei crediti del Superbonus. Ipotesi su cui però si è già detto favorevole il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. E che, secondo i calcoli dell’Upb, consentirebbe al debito di restare abbondantemente sotto quota 140%.

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Confindustria, tutti i nomi della nuova squadra del presidente Orsini

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Il consiglio generale di Confindustria, su proposta del presidente designato Emanuele Orsini, ha approvato la squadra di presidenza per il quadriennio 2024-2028 con l’84% delle preferenze. Dieci i vicepresidenti elettivi: Francesco De Santis, Maurizio Marchesini, Lucia Aleotti, Angelo Camilli, Barbara Cimmino, Vincenzo Marinese, Natale Mazzuca, Marco Nocivelli, Lara Ponti. Completeranno la squadra di presidenza i tre vicepresidenti di diritto: Giovanni Baroni presidente della Piccola Industria, Riccardo Di Stefano presidente dei Giovani Imprenditori, Annalisa Sassi presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali.

Il consiglio generale di Confindustria ha approvato la squadra di presidenza per il quadriennio 2024-2028 con l’84% delle preferenze: su 132 presenti, 110 hanno votato a favore, i contrari sono stati 9 e 13 le schede bianche. Queste le deleghe ai vicepresidenti. Francesco De Santis continuerà il suo impegno su Ricerca e Sviluppo. Maurizio Marchesini, dopo aver seguito le Filiere e le Medie Imprese, avrà la delega su Lavoro e Relazioni industriali. Stefan Pan, croseguirà il lavoro svolto in Europa negli scorsi quattro anni in veste di delegato del presidente, con la vicepresidenza per l’Unione europea e il rapporto con le Confindustrie europee. A Lucia Aleotti andrà la vicepresidenza per il centro studi, snodo cruciale nella definizione delle strategie di politica economica. Ad Angelo Camilli la delega su credito, finanza e fisco. Barbara Cimmino seguirà l’export e l’attrazione degli investimenti. A Vincenzo Marinese sarà affidata la responsabilità dell’organizzazione e dei rapporti con i territori e le categorie. Natale Mazzuca avrà la delega alle politiche strategiche e allo sviluppo del Mezzogiorno. A Marco Nocivelli la nuova delega sulle politiche industriali e made in Italy. Lara Ponti si occuperà di transizione ambientale e obiettivi Esg, temi centrali nell’agenda di Confindustria. Emanuele Orsini manterrà per sé la responsabilità su alcuni grandi capitoli strategici: transizione digitale, cultura d’impresa e certezza del diritto.

La squadra di presidenza di Emanuele Orsini, al vertice di Confindustria per il 2024-2028, su richiesta del presidente designato si avvarrà anche del contributo di tre special advisor: Antonio Gozzi con delega all’autonomia strategica europea, piano Mattei e competitività; Gianfelice Rocca per le Life Sciences e Alberto Tripi per l’intelligenza artificiale. Il nuovo board di Confindustria sarà coadiuvato da cinque delegati del presidente: Leopoldo Destro ai trasporti, alla logistica e all’industria del turismo, Riccardo Di Stefano al quale sarà affidata la delega all’education, Giorgio Marsiaj si occuperà di space economy, ad Aurelio Regina andrà la delega all’energia, mentre Mario Zanetti seguirà l’economia del mare.

 

Il presidente Orsini ha anche ringraziato l’ambasciatore Raffaele Langella per il lavoro svolto come direttore generale, annunciando che fino al suo prossimo incarico, sarà al suo fianco come consigliere diplomatico. Il nuovo direttore generale sarà Maurizio Tarquini.

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Ponte sullo Stretto, i dubbi del Ministero dell’Ambiente

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Il ministro Matteo Salvini lancia la Conferenza dei servizi sul Ponte sullo Stretto, per avviare entro l’estate i cantieri della sua opera-bandiera. Ma il primo sgambetto gli arriva proprio da un altro ministero, quello dell’Ambiente, guidato da Gilberto Pichetto di Forza Italia. Alla prima riunione della Conferenza dei servizi, che riunisce tutti i soggetti interessati per sveltire le procedure (imprese, Ministeri, enti locali), il Mase ha chiesto alla Società Stretto di Messina S.p.a. ben 239 integrazioni di documenti. Per il ministero, la documentazione presentata dalla concessionaria è superficiale, insufficiente e non aggiornata, e va approfondita su tutti i fronti.

I tecnici della Commissione Via-Vas, quelli che devono fare la valutazione di impatto ambientale dell’opera, in 42 pagine di relazione hanno chiesto nuove informazioni praticamente su ogni aspetto del progetto. Le richieste di integrazione di documenti riguardano la compatibilità coi vincoli ambientali, la valutazione dei costi e benefici, la descrizione di tutti gli interventi previsti, il sistema di cantierizzazione, la gestione delle terre e rocce di scavo. Il Mase chiede dati più approfonditi e aggiornati sul rischio di maremoti, sull’inquinamento dell’aria, sull’impatto del Ponte sull’ambiente marino e di terra e sull’agricoltura, sulle acque, sui rischi di subsidenza e dissesto, sulla flora e sulla fauna, sul rumore e i campi magnetici, sulle aree protette di rilevanza europea Natura 2000. Le associazioni ambientaliste come Wwf e Legambiente e i comitati locali anti-Ponte parlano di “passo falso” e di “farsa”, e ribadiscono “il progetto non sta in piedi”.

Ma sono soprattutto le opposizioni a cavalcare la vicenda. Per Marco Simiani del Pd, “il ministero dell’Ambiente sconfessa clamorosamente Matteo Salvini, bloccando di fatto il progetto”. Proprio il leader della Lega era assente alla Conferenza dei servizi, che si è tenuta al suo ministero delle Infrastrutture. “Dal ministero dell’Ambiente arriva un macigno sul progetto del Ponte sullo Stretto”, commenta il leader Cinquestelle Giuseppe Conte, che parla di “un progetto vecchio, risalente al 2011/2012, pieno di falle sul piano ingegneristico, ambientale, trasportistico e finanziario”. Angelo Bonelli di Avs rincara la dose: “La commissione tecnica Via del Ministero dell’Ambiente ha demolito il progetto definitivo sul ponte. Ma esiste un progetto definitivo? O quello che avete presentato è quello di 15 anni fa, che era stato bocciato nel 2012 dal ministero dell’Ambiente?”. Mentre il Codacons chiede l’intervento della Corte dei Conti, l’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, non si mostra preoccupato per le osservazioni del Mase: “Sono richieste congrue, data l’entità dell’opera. In 30 giorni daremo tutti i chiarimenti richiesti”.

Il ministro Gilberto Pichetto si trova all’improvviso in una posizione scomodissima, con gli uffici del suo ministero che bastonano un progetto che è il cavallo di battaglia di un suo collega. “Con queste istanze abbiamo dato via alla procedura di valutazione di impatto ambientale”, commenta asettico. La richiesta di integrazioni “è atto tipico della prima parte di ogni procedimento di valutazione di impatto ambientale”. Per il Ponte “si è tenuto conto, come di consueto, anche di elementi tratti dai contributi di Ispra e di soggetti non pubblici aventi diritto, per legge, ad esprimersi”. “Le richieste della Commissione Via-Vas del Mase non rappresentato assolutamente una bocciatura del Ponte sullo Stretto, ma sono legittime integrazioni proporzionate ad un progetto enorme – ha commentato Matilde Siracusano, sottosegretario di FI ai Rapporti con il Parlamento – Ho sentito il ministro Pichetto e anche Pietro Ciucci, e non ci sono criticità”.

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