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Cronache

15 anni fa morì Aldrovandi, il padre: “non lo dimenticate”

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 Erano le prime ore del 25 settembre 2005 e al parco dell’ippodromo di Ferrara un ragazzo non sopravvisse a un controllo di Polizia. Dall’uccisione di Federico Aldrovandi sono trascorsi 15 anni, ma il suo ricordo e’ diventato sempre piu’ potente. Sono finite le indagini e i processi, sono ormai passate le polemiche, resta una mobilitazione che non vuole dimenticare un 18enne diventato, morendo per mano delle forze dell’ordine, simbolo anche per altre tragedie.

Prima fra tutti quella di Stefano Cucchi, il geometra romano deceduto mentre era in custodia cautelare. E’ stato anche grazie alla spinta di una vicenda come quella di ‘Aldro’ che si e’ arrivati all’introduzione in Italia del reato di tortura. “Il 25 settembre di ogni anno, giunta l’alba, si ripete quello che per me rimarra’ per sempre un incubo, o peggio, il ricordo orribile dell’uccisione di un figlio da parte di chi avrebbe dovuto proteggergli la vita”, ha scritto nella notte sui social Lino Aldrovandi, il padre, mentre la madre, Patrizia Moretti, ha invitato a “non dimenticare” e ha postato un video-omaggio della curva ovest della Spal, la formazione di Ferrara, la squadra di Federico.

Per la morte del 18enne furono condannati in via definitiva quattro poliziotti delle volanti: Monica Segatto, Paolo Forlani, Luca Pollastri ed Enzo Pontani. Il reato fu qualificato come eccesso colposo in omicidio colposo e la pena fu tre anni e sei mesi, divenuta sei mesi per l’indulto. Una parte fu scontata in carcere. Troppo poco per la famiglia. Poi ci furono i processi sui depistaggi e altri per diffamazione. Scontri tra sindacati di polizia e la famiglia. Come quando il Coisp fece un presidio sotto il Comune di Ferrara dove la madre di Federico lavora, e lei scese mostrando l’immagine del figlio massacrato. O come quando, era l’aprile del 2014, i tre poliziotti condannati furono salutati da cinque minuti di applausi a un congresso del Sap, a Rimini, e l’allora premier Matteo Renzi chiamo’ Moretti per portarle la solidarieta’ dello Stato. La pace tra le Istituzioni e la famiglia fu portata anche da una lettera che l’allora capo della polizia, Antonio Manganelli, scrisse alla mamma del diciottenne. Un testo di scuse per “l’immane tragedia” della morte del figlio.

E’ significativo che oggi l’attuale sindaco di Ferrara, il leghista Alan Fabbri, dello stesso partito dell’ex segretario del Sap Gianni Tonelli, uno dei protagonisti, negli anni, delle polemiche, sia stato uno dei primi a ricordare Federico: “Ho sempre avuto grande rispetto per il dolore della famiglia e per questo dedico il primo post della giornata ad una terribile tragedia che ha sconvolto la nostra comunita’”, ha scritto Fabbri. E nel pomeriggio a Ospital Monacale, frazione di Argenta, ad Aldrovandi e’ stato intitolato un parco, un modo per onorare il giovane che proprio in un giardino pubblico si imbatte’ nella polizia e fini’ prematuramente la sua vita. Ucciso.

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Ucraina: Polonia, favoriremo rimpatrio uomini in età militare

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Varsavia aiuterà Kiev a riportare in Ucraina i suoi uomini in età militare, in seguito alle nuove modifiche alle leggi sui passaporti e sul servizio consolare per gli uomini ucraini che vivono all’estero: lo ha detto il ministro della Difesa polacco Wladyslaw Kosiniak-Kamysz. “Penso che molti polacchi siano indignati vedendo giovani ucraini negli alberghi e nei caffè, sentendo quanti sforzi dobbiamo fare per aiutare” Kiev, ha detto ieri Kosiniak-Kamysz ai media di polacchi. Il ministro ha sottolineato anche che Varsavia si era già offerta di aiutare l’Ucraina a identificare i rifugiati che vivono in Polonia e che sono sotto obbligo militare. La Polonia ospita circa un milione di ucraini fuggiti dalla guerra totale della Russia. Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha dichiarato che le nuove misure di Kiev intendono “ripristinare atteggiamenti equi nei confronti degli uomini in età di leva in Ucraina e all’estero”.

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Cronache

Ticket Venezia: 80mila prenotati oggi, uno su 10 non paga

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Nel primo giorno di sperimentazione del ticket d’ingresso a Venezia sono oltre 80mila le persone che hanno registrato la loro presenza in città oggi, 25 aprile. Solo 7mila però, uno su dieci, secondo i dati aggiornati a ieri pomeriggio’, hanno pagato il voucher di 5 euro per accedere al centro storico. Tutti gli altri accessi sono di persone esenti alla tassa (cittadini veneti, i lavoratori, gli studenti e altre categorie), tenuti a registrarsi sulla piattaforma on line ma non a pagare. Tra questi, 30.300 sono gli ospiti delle strutture ricettive, 9.450 sono i veneti, potenziali vacanzieri ‘di giornata’.

 

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Cronache

Choc a Nola: marito violento, giovane ‘liberata’ dai carabinieri grazie all’intervento della suocera

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Dopo anni di soprusi e maltrattamenti, la storia di terrore vissuta da una giovane donna di Nola ha finalmente trovato un epilogo in tribunale. Un giovane di 21 anni, con un passato turbolento segnato da dipendenza da droga e violenze, è stato arrestato e accusato di sequestro di persona, maltrattamenti e lesioni personali aggravate. Le aggressioni brutali, compresa una tentata strangolazione e attacchi pericolosi anche ai passanti nel centro antico di Nola, finiranno con il suo arresto.

La Procura di Nola, con l’ausilio dei carabinieri, ha condotto un’indagine lampo che ha portato alla luce gli abusi subiti dalla donna per anni. La vittima, che aveva sopportato in silenzio gli attacchi del compagno, ha trovato la forza di parlare solo dopo l’intervento della madre dell’aggressore, che l’ha convinta a cercare aiuto e cure mediche.

Durante l’ultima aggressione, la donna ha subito gravi danni all’orecchio e all’occhio, oltre a numerose altre ferite. In ospedale, il personale ha allertato le autorità, innescando una serie di eventi che hanno portato all’arresto del giovane. Nonostante il profondo legame affettivo che la legava al suo aguzzino, il quale chiudeva la porta di casa a chiave per impedirle di scappare, la donna ha finalmente deciso di rompere il silenzio.

Il Gip del Tribunale di Nola, Teresa Valentino, ha accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere presentata dalla Procura, segnando un decisivo punto di svolta nel caso. La giovane donna ha espresso il desiderio di vedere giustizia fatta: «Chiedo che venga punito per quello che mi ha fatto», ha dichiarato, evidenziando il lungo calvario e la paura che ha vissuto, temendo anche per la sicurezza della sua famiglia.

Questa vicenda sottolinea la tragica realtà della violenza domestica e l’importanza di supportare le vittime nel trovare la forza di parlare e denunciare i loro aggressori. L’arresto del giovane non solo mette fine a un ciclo di violenza, ma serve anche come monito sulle conseguenze legali che attendono coloro che sceglieranno di perpetrare tali crimini.

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